22 novembre 2009

Un angelo per strada

Roma 24 febbraio 1995
A S. C.


Ora si spengono le luci. Non ci sei.
Si spegne dentro me una luce
barbara come non sai.
Eppure sai che ti conviene:
fuggi... fuggi...
e non ne vuoi sapere
di ritorni improvvisi,
di abbracci indecisi,
di maschere di cera.

Era bella la novella – ricordi? –
fra le notizie che passavano
dai monitor: la novella, la fola,
il raccontino serale.
Non ho piú labbra per rileggerla?
Non ho piú labbra, credi?

Non sono morto al secolo:
è solo che si cambia
o restando troppo appresi ad un istante
le inferriate che s’aprivano sul mondo
(con grazia, facilità,
neppure intraviste nell’aspetto
tanta luce le passava,
calda sempre e chiara)
sono come celle senza chiave
ed il gelo le penetra
d’inverno.

Ascoltami! Ascoltami!
Che fai? Che fai?
Raccontamela tu una novella!
Bisbigliamela tu la fola cara,
perché son io il bambino,
figlio tuo, tuo amante:
son io il bimbo che ha perduto
la tetta della madre!

E la città si ingrossa:
l’inferno delle sette
sui marciapiedi accalca
nella corsa quotidiana
tutto il bendiddio
d’umanità impiegata.

Raccontamela la fola!
Offrimela la tetta!
Stringimi in un canto
fra le lenzuola rosa!
Ho fatto la guerra per il mondo
con un dio nell’animo
anonimo come un’intuizione
e sono pronto ancora a risvegliarmi
per trapassare il secolo. Ma mai,
neppure un fango di incertezza,
un dito di piombo,
uno stivale lucidato,
potranno risucchiarmi
la bellezza dall’animo.

Chi incontra un angelo per strada
non sputa piú, non sputa piú
nel vuoto.

Nicola D'Ugo

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