22 marzo 2011

La strage del mercato (da 'Notizie dalla Bosnia')

Roma luglio 1994


Morì nell’ora piena del meriggio.
Sangue dovunque e la strada allagata:
decerebrato il cranio, e via il cervello
a pezzi, altrove, giallo e spappolato.
Fu il giorno suo, il giorno del macello,
sangue nel sangue della livida strada.
Nessuno potrà dirgli ciò che è meglio,
se pace vittoriosa o ancora guerra,
fiore fra i fiori in un clima sbagliato,
labbro che non cantava, ma cervello,
braccio, cuore, che ancora palpitava.
Nessuno potrà unire a queste croci
che crescono un sermone di speranza,
né adergersi a patrono solenne,
né in promesse ribaltare il tempo.
Fra i tanti morti si aggiungono questi
morti, senza una causa o un’ideale
che li spingesse lungo le insabbiate
prode, ai limiti del compimento,
ad un passo dall’arrischiato Ade.
Chi uccide altra vita per la vita,
chi fa della sua fede fede altrui,
bestemmia d’ignominia fede e vita,
si crede grande del piccolo che è suo.
Ma chi nell’ora piena di un meriggio
qualunque perde la vita, non giudica
il male altrui, i colpi di mortaio,
gli spari, le assurde fanfaluche
in cui ancora noi ci dibattiamo.
È facile da vivi giudicare i morti,
o nel godimento di un piacere
effimero dimenticare tutto
e tutti, solo con sé riconciliati.
Fu il giorno loro, il giorno della Morte:
strilla inconsce in crani spappolati.

Nicola D'Ugo

[Pubblicata in: Notizie in... Controluce, n. VIII/3-4, marzo-aprile, p. 22]

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