14 febbraio 2011

"L'incendio del molo di Lerici" di Nicola D'Ugo

Lerici, 29 luglio 2009


Qui dove la bambina e la nonna
son arse dal fuoco era un luogo ameno.
Che il mare guardava sotto il castello
di cui Dante aveva fatto menzione.
Piú sotto le barche, al di là
Portovenere in cui meditava
Byron nella sua grotta. Vita e morte
in un giaciglio ingelosito, luogo
sacrilego d'un materasso in fiamme.
Mano colpevole e ignara d'un tossico
geloso d'amore fattosi odioso.
Piú sopra due vite dall'odio inconscio
soffocate: odio che prende i tendini
e i muscoli. Piú in basso tutti noi,
gente che è attonita, incapace di
connettere il nulla col nulla. A un miglio
da qui, sulla strada maestra, Mary
attendeva il suo Percy naufrago nella
tempesta: piú sopra, a duecento metri,
il pacifico Riccardo, cognato
vichingo, era morto per l'improvvisa
apertura d'una vena nel cranio.
Accanto alla casa fumosa mio
fratello aveva vissuto tra i film
hollywoodiani e i suoi amori mutevoli.
Piú sopra, lungo la strada in cui scrivo,
la mia nipotina sorride nel
suo sonno tranquillo. I suoi nonni sanno,
lontani da qui, che il futuro è un fiore.
Ma nella casa piú in basso la morte
forestiera per mano d'un locale
spezza il dolce moto delle onde
e «Maledizione! Maledizione!
Maledizione!» grida a stelle sorde.
Poveri affumicati corpi: vita
che fu labbra ridenti e la speranza
dei vecchi; palazzina restaurata,
per le faccine ebeti, obliose,
dal dolore affaticate. È già estate
tra le spume ridanciane di Lerici,
o un ombra cerca l'ombre tra le case?

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