22 marzo 2011

Il ritorno del vate (da 'Notizie dalla Bosnia')

Reggio Emilia 12 agosto 1995



Quando ritorna dalla guerra il vate
non ha più sangue sui vestiti sporchi,
ma gli occhi delle madri dentro gli occhi,
le iridi dei figli alla guerra scampati.

Non ha più il pane in bocca, ma lo sente
ancora duro, ancora insipido fra i denti;
e rivede dietro gli occhi i denti rotti
dei suoi fratelli in balia della guerra.

Si posa un poco il vate sulla soglia
di casa, si guarda intorno stupito,
esterrefatto appena un attimo:
il tempo di un sospiro. È a casa propria.

Ascolta nel silenzio della notte
i suoni familiari che trascorrono
usuali, ma che pare li impari
solo adesso. Gli riappaiono i primi

volti di casa: Marta, Chiara, e i vecchi
amori di cui ama i cuori, il vate.
Si guarda attorno: lo scrittoio vuoto,
lo schermo quieto del computer spento,

le carte accatastate presso l’angolo
di un luogo angusto, intimo e privato.
E nulla più delle anime che ha amato
vorrebbe unirle fuori della guerra:

ma vi sono monti e fossati, strade
troppo impervie e bombardate, pericoli.
Lo sa fin troppo bene il vate ch’altri
sono i limiti dei mondi spartiti:

sa bene, nella pioggia dei pensieri
quieti, che Marta e Chiara, Silvia e Rita
e i mille amori che squillano improvvisi
al telefono e teneri in inviti

sanno ascoltare dei viaggi intrapresi,
non possono capire le ferite
nere e il sangue, i poveri occhi degli
uccisi in battaglie o al tavolo da pranzo,

né si può dire dell’erba fra i denti
sopra un sasso seduto a parlare
in monco inglese il vate con la bella
giovinetta a Sarajevo. Non possono

sapere che nell’urna di un assenso
il senso stretto d’esser solidali.

Nicola D'Ugo

[Pubblicata in: Notizie in... Controluce, n. X/4, aprile 2001, p. 19]

Nessun commento: