22 marzo 2011

Marta, Nimo e le tombe (da 'Notizie dalla Bosnia')

Reggio Emilia 5 agosto 1995


I verdi prati e gli occhi dei bambini
bellissimi. Le smorfie e le ditine
nel naso. Gli alberi, alti. Le anime:
l’una, poi l’altra, dietro al guiderdone

d’un bacio. Le case basse. Le case
alte sopra giardini e traffici
di calze. Il vecchio e il suo bicchiere a dose
di paese intavolato: e tu ne odi

di voci dalle soglie cicalare,
e ne vedi di visi intenti a cercare
fra le mani il destino delle ere
ferme a questa, scrutare ai polsi le ore

che si appropinquano all’appuntamento.
Bello il pino antico del vecchio Nimo,
quando campane chiudevano il conto
del giorno, leggere. Cose che amano.

E bella Marta, col suo seno candido
di grazia ricolmo: la grinta d’ebano
e il palpito del cuore che s’effonde,
ora che il pensiero di lei si liba

un attimo. Vero, bambini? Vero
che il pensiero si nutre di trastulli?
Piccole care creature nel nero
fumo delle guerre, grigio dei crolli

dei palazzi in cui stavate. Piccole
creature: piccole, impotenti, a fronte
di una guerra che ci umilia. Se tocco
le mani vostre v’afferra la mente

e il braccio. Tremo a lasciarvi inermi
come Marta in una fossa di bombe:
abbandonarvi come i bimbi ai corvi,
Nimo nella polvere, storte gambe

in ecatombe. L’amore e l’amore.
Perché v’è solo amore in questo mondo
d’amore e amore. Ma cresciute avare
voglie di uomini che vanno a fondo,

ci confondiamo tutti da millenni.
Non sappiamo liberarci più delle
catene in noi. Ci confondiamo indenni
e uccisi. Ci confondiamo. Molle

cade la sera e vengono le stelle
a visitare noi, per ricordare
a noi di dimenticare le balle
di cui ci andiamo sincerando. Sere

tristi le molte senza stelle d’oggi.
Tristi. Stanotte cadono le bombe
su Zagabria: dagli occhi anche i raggi
s’ascondono, e Marta e Nimo fra le tombe.

Nicola D'Ugo

[Pubblicata in: Notizie in... Controluce, n. IX/12, dicembre 2000]

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