22 marzo 2011

Pulizia etnica (da 'Notizie dalla Bosnia')

Roma 18 settembre 1995


Di sera si tace, ché un mare d’incenso
svapora per noi. E le mani non sanno:
non sanno la pena di giorni stranieri
nell’eremo vostro. Cieli girandolano,
spazi si flettono, e suole di terra
hanno occhi per crepe che non vede nessuno.
Fumi si alzano e gonne nel vento
pesano. Labbra che ardono: e non arde
forse di me questo simulacro che teme?
Non sono mai nulla io nel mio impero!

Carovane disegnano i volti, li segnano
di solchi severi. E voi non parlate
che ai vostri compagni di viaggio.
Tacciono i vecchi e i bambini guidati
si accampano. La luna che piega il suo crine
è la stessa di questa che chiama i miei occhi
per voi. Non tacerò, lo prometto, seppure
sia al vento o al compagno che ascolta.
Parlerò per voi senza avvertimento.
Questo solo sapete, che io non vi dico:
qualcuno vi vede lo stesso senz’ali,
ha flebile voce, ma urla e vi dice
compagni nel cuore. Mi volto al compagno
e lo invito: “Proviamoci ancora!”

La notte è più fredda ma il cuore mi dice
nel buio: “Proviamoci ancora!”

Nel buio accendo una luce ch’è chiara e che dice:
“Proviamoci ancora!”

Ancora la voce mi dice nel chiaro di luce
che l’uomo con l’uomo conduce a una luce
in cui infine con gli altri l’idea si traduce:
“Proviamoci ancora! Proviamoci ancora!
Finché c'è vita e speranza di vita
noi lungo una via che appare indecisa,
più forti in accordo a una meta precisa,
uomini e donne, proviamoci ancora!”

“Proviamoci ancora!”

Dài forza al bambino e al ferito…

“Proviamoci ancora!”

Metti al collo la compagna ammalata…

“Proviamoci ancora!”

Di croce in croce che spunta fra i passi…

“Proviamoci ancora!”

Non sia quest’unica vita che abbiamo un trastullo di pazzi,
che gli uomini ammazzi e la morte procacci,
che tratti il corpo umano come stracci
nel vento di strade d’arditi paparazzi.

Qui di sera si tace, e un mare d’incenso svapora per noi.

Nicola D'Ugo

[Pubblicata in: Notizie in... Controluce, n. VIII/12, dicembre 1999]

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